Comprendere il Bardo


Per comprendere gli stati del Bardo è necessario accennare brevemente al ramo tibetano della Tradizione. Secondo questo, la "pura Consapevolezza" (rigpa) o Coscienza, è lo stato da cui si rivela la manifestazione;

la Coscienza non è concreta, ma da essa nascono tutte le cose che noi consideriamo reali.

La vera natura della Coscienza è priva di fondamento, è lo stato di vuoto, o ‘vacuità’ (shunyatà) (10); non c'è nient’altro eccetto la Coscienza, che è senza nascita e quindi senza morte; essa esiste dappertutto, ma per noi è di difficile comprensione.

Non vedendo la reale natura delle cose non riusciamo a comprendere che i fenomeni sono delle manifestazioni della Coscienza; i fenomeni sorgono dalla Coscienza e si dissolvono in essa; la natura delle cose è dotata di Consapevolezza. Tutto ciò che riteniamo realtà, compresa la trasmigrazione e la liberazione, è soltanto una manifestazione della nostra Coscienza.

Le varie cose che vediamo sem-brano fra loro diverse perché siamo ingannati dalla loro forma apparente; qualunque cosa appaia è sempre una manifestazione della Coscienza; ma la cosa più importante che dovremo comprendere è che la nostra coscienza e la Coscienza universale (brahmanica) sono un’unica e stessa cosa.

Sempre secondo la Tradizione tibetana, alla base della manifestazione c'è la dottrina dei tre corpi (trikàya). La Coscienza universale si manifesta nell'uomo in tre livelli di coscienza o corpi che coesistono in noi anche se non ne siamo consapevoli.


Essi (*) sono:

  • Nirmàanakaya = manifestazione fenomenica
    • fenòmeno s. m. [dal gr. ϕαινόμενον, part. sostantivato di ϕαίνομαι «mostrarsi, apparire»]. – 
      • 1. In filosofia, ciò che appare, che è conoscibile attraverso i sensi, e che può non corrispondere alla realtà oggettiva; secondo Kant, tutto ciò che è oggetto di esperienza sensibile, e che quindi è caratterizzato dal fatto di «apparirci» nel tempo e nello spazio, configurato secondo rapporti (per es. di causa ed effetto) che sono in funzione di un’attività «organizzatrice» esercitata dall’intelletto umano (si contrappone alla «cosa in sé» o «noumeno» o «oggetto intelligibile», che può essere pensato dalla ragione, ma mai propriamente conosciuto); per Hegel, il fenomeno è il momento di un processo, e consiste nella manifestazione necessaria, oggettiva, dell’essenza, alla quale non si contrappone. 
      • 2. a.Nel linguaggio scient., il termine è genericam. usato come sinon. di evento; più precisamente, sono fenomeni i fatti, gli eventi provocati o spontanei, ma comunque suscettibili di osservazione e di studio: f. fisici, biochimici, psichici, tellurici, atmosferici,meteorologici, ecc.;
  • Sambhogakaya = manifestazione noumenica
    • noumeno: Termine filosofico usato da Platone e ripreso da I. Kant. Per il primo, n. significa ciò che è pensato o pensabile dal puro intelletto, indipendentemente dall’esperienza sensibile, ossia le idee, in quanto distinte dagli oggetti sensibili. Kant intende per n. l’essenza pensabile, ma inconoscibile, della realtà in sé, in contrapposizione a fenomeno (di cui pure costituisce il fondamento, il substrato). Quindi il n., come ciò che pensiamo esistente ma non conosciamo, si pone come limite della conoscenza umana. Ma Kant adopera il termine anche in senso positivo, come il sovrasensibile, l’incondizionato, posto fuori dell’esperienza; escluso dal campo della conoscenza, esso si rivelerebbe alla ragion pratica o coscienza morale.
  • Dharmakaya = essenza della manifestazione·.
    • essènza (ant. essènzia) s. f. [dal lat. essentia, der. di esse «essere», come calco del gr. οὐσία; nel sign. concr., dal lat. degli alchimisti]. – 
      • 1. In filosofia, la realtà propria e immutabile delle cose, intesa soprattutto come la forma generale, l’universale natura delle singole cose appartenenti allo stesso genere o specie; per antonomasia, la divina e., la prima e., la somma e., Dio. Nell’uso com. è in genere usato come sinon. di sostanza, in contrapp. a ciò che è accidentale, accessorio, contingente: badare all’e. delle cose; comprendere l’e. di un’arte; il problema, nella sua intima e., è questo; in essenza, come locuz. avv., nella sostanza.
    • manifestazióne s. f. [dal lat. tardo manifestatio -onis]. – 
      • 1. a. L’azione, il fatto del manifestare o del manifestarsi: m. di gioia, di dolore, d’amore; non ci ha dato ancora una m. sicura delle sue capacità; i Greci chiamavano «epifania» l’apparizione o m. della divinità. b. Con sign. concr., atto, atteggiamento, parola e sim. mediante i quali si manifesta qualcosa: gemiti, sospiri e altre m. di dolore; mi confortò con molte m. d’affetto; anche, fatto che serve come sintomo e indizio di un determinato fenomeno: si ebbero allora le prime m. del male; manifestazioni dell’attività psichica; le prime m. dell’attività vulcanica; m. endogene, in geologia, indizî relativi a fenomeni endogeni.
(*) Corrispondono ai tre stati del Vedànta: visva, taijasa e prajna. Cfr. Mandukyakàarika.  Edizioni Asram Vidyà, Roma.

I Sei Bardi

La suddivisione dei vari bardo non è ben determinata, infatti in vari commenti il bardo del sogno ed il bardo della meditazione sono considerati parte del bardo della vita presente, e così gli stati di bardo vengono considerati soltanto quattro.

Durante il Bardo abbiamo l'esperienza di vari tipi di energia, sotto forma di visioni, che sorgono dalla ignoranza, di natura metafisica; la capacità di ottenere la liberazione dipende dalle nostre reazioni alle visioni stesse. 

Le visioni sono energie, emozioni fuori del nostro controllo cosciente, che quindi interpretiamo come esterne a noi. Sono le stesse energie che ci impediscono di riconoscere le visioni come interne. Potremo dire che sono energie terribili, di grande intensità, che non vogliamo avere nella nostra coscienza, che proiettiamo all'esterno, e che poi si rivolgono contro di noi creandoci terrore.

Secondo il nostro livello di coscienza possiamo comprendere queste visioni (pure energie) come reali o come non reali. A livello assoluto, se dimoriamo nella pura Consapevolezza vediamo le visioni come fenomeni, quindi non reali, cosi come vediamo non reale il samsara, per cui non ci fanno paura, non possono danneggiarci. 

Ad esempio, se un demone ci assale, rimanendo stabili nello stato della pura Consapevolezza il demone scompare perché tutto è natura primordiale della Coscienza.

A livello relativo, sperimentiamo le visioni come se avessero un'esistenza reale, anche se sappiamo che reali non sono, che non esistono in senso assoluto; tuttavia, finché non le riconosciamo come non-reali, sono energie che dobbiamo affrontare. 

Anche se non abbiamo completamente realizzato la pura Consapevolezza sappiamo che il mondo è una proiezione materializzata della Coscienza, ma gli oscuramenti karmici e il concetto della dualità ci fanno sentire come soggetto separato dall'oggetto, cioè come se le visioni fossero separate da noi. Le visioni che sperimentiamo rappresentano simbo-licamente le energie del nostro karma.

Secondo il Thodrol, il nostro principio cosciente, durante l'intero ciclo dell'esistenza, passa attraverso sei stati intermedi chiamati bar-do e sperimenta i tre livelli di coscienza chiamati kaya. 

Fra gli stati del Bardo ed i livelli di coscienza sperimentati nell'intero ciclo dell'esistenza c'è una precisa relazione; mentre passiamo da un bardo all'altro, cambiamo anche il livello di coscienza. 

Gli stati intermedi vengono chiamati:
  1. Bardo del processo della morte (Chikai bardo)                         Esperienza della morte
  2. Bardo del dopo-morte (Chognyid bardo)                                             Esperienza della dharmatà (11)
  3. Bardo del divenire (Sidpa bardo)                                                    Esperienza della ricerca della rinascita
  4. Bardo naturale di questa vita (Kyoni bardo)                             Esperienza dello stato di veglia
  5. Bardo dello stato di sogno (Milam bardo)                                  Esperienza del sogno
  6. Bardo dello stato di meditazione (Samtem bardo)                        Esperienza della meditazione
In particolare i kàya sono quattro:

  • Svabhàvikakaya, che corrisponde al Quarto, o Turiya del Vedànta, cioè all'Essere non qualificato, il Non-Essere. 
    • Questo stato di coscienza non viene sperimentato in alcun stato intermedio.
  • Dharmakaya, che corrisponde al corpo causale, al Praijna del Vedànta. 
    • Viene sperimentato nel Chikai Bardo in cui l'Essere si manifesta alla nostra coscienza sotto forma di Chiara Luce. 
    • Il Dharma-kaya fa parte della nostra natura, anche se non ne siamo consapevoli, ed è compito nostro portarlo in attuazione; può essere realizzato al momento dellla morte. 
    • È l'essenza stessa della manifestazione 
  • Sambhogakaya, che corrisponde al Taijasa superiore, corpo buddhico del Vedànta. 
    • Viene sperimentato nel Chonyid Bardo. 
    • È il piano in cui l'Essere si manifesta nella nostra coscienza sotto forma d'energia con forme simboliche immateriali di luci, colori e suoni; corrisponde alla manifestazione noumenica; può essere realizzato nel bardo della dharmatà. 
  • Nirmàanakaya, che corrisponde al Taijasa inferiore, corpo manasico del Vedànta. 
    • Viene sperimentato nel Sidpa Bardo. 
    • È lo stato in cui l'Essere si manifesta alla nostra coscienza come energia che potrà essere poi trasformata in forme materiali apparentemente solide, che ci spingono a muoverci e ad agire; corrisponde alla manifestazione fenomenica; 
    • può essere realizzato al momento della incarnazione.