Mindfulness One - Breathe

 

Il concetto di Mindfulness proviene dall’Oriente e ha incontrato massicciamente le scienze occidentali – influenzandole – nel secondo dopoguerra, quando la cultura giapponese ha suscitato la curiosità popolare. 

L’idea di Mindfulness aveva precedentemente permeato la prosa di alcuni noti letterati e filosofi dell’Otto e Novecento, soprattutto in area tedesca, complice una grande scuola di scienze umane, filologia e archeologia, che aveva operato sin dal primo Ottocento in area indiana.

La consapevolezza, l’attenzione e la meditazione sono, infatti, argomenti della filosofia dell’India e del Buddhismo sin dalle origini e il mondo romantico tedesco ne ha subìto l’attrazione alla scoperta delle vestigia antiche e delle storia del principe Siddhartha, un uomo ricco e infelice che aveva lasciato gli agi e le certezze per trovare la felicità. Siddhartha era così divenuto il Buddha, il Risvegliato. 

Colui la cui mente, uscita dal sonno, aveva visto con attenzione la realtà dei fenomeni interiori ed esteriori: la dinamica delle azioni e delle reazioni. Egli è un Tathagata: un termine della lingua Pali legato ai concetti di Tatha-kari e Thata-vadi e che indica semplicemente “colui che insegna quello che fa”, “colui che fa quello che dice”. 

Il Buddha non è un dio né un profeta né un eroe, ma una specie di filosofo-artigiano: la modernità e la praticità delle sue parole incantano anche Rilke, Hesse, Schopenhauer; quest’ultimo si farà chiamare il Buddha dell’Occidente.







Ayurveda e la Mente


La composizione dell'uomo secondo i Veda 

Nel loto del mio cuore io contemplo la Divina Intelligenza, il Brahman senza distinzioni e differenze, conoscibile per mezzo di Hari, Hara e Vidhi che gli Yogi avvicinano nella meditazione. Colui che distrugge la paura della nascita e della morte, che è Esistenza, Intelligenza e Radice di tutti i tre mondi. (Mahanirvana Tantra)

I piani vibratorii

Possiamo visualizzare l'essere umano come se fosse formato da piani distinti di sostanza vibratoria, che la filosofia indù chiama kosha, qualcosa di simile al termine occidentale "involucro". 

Questi piani sono in numero di cinque e rappresentano il sistema olistico del principio di coscienza in seno alla manifestazione. 

Il termine viene così composto: piano vibratorio + maya [che appare] + kosha[involucro] 


Anna-maya-kosha 

E' il piano materiale, (anna = cibo) grossolano del corpo umano, chiamato anche sthula sharira. Esso appare come risultato dell'assimilazione degli alimenti . Sue caratteristiche sono le sei urmi: fame, sete, dolore, ignoranza, decadenza, morte. In sostanza, si tratta del piano con cui normalmente si esperisce la realtà esterna e che tutti possono esperimentare, indipendentemente dal grado di evoluzione spirituale od anche semplicemente intellettiva. 

Prana-maya-kosha 
E' il piano vibratorio specifico di Prana, successivo in ordine logico ad Anna maya kosha. L'aspetto vitale di un organismo che si esprime attraverso l'energia; la forza vitale presente in tutto il cosmo. Il prana è essenziale al funzionamento della vita stessa e la sua mancanza coincide con la morte dell'individuo.

Mano-maya-kosha 
Questo termine si riferisce al piano mentale, la coscienza mentale per eccellenza, il dominio della mente umana con tutte le sue operazioni. La sua funzione è ancora sottile e le relazioni del manas con gli altri sensi sono di ordine vibratorio. Secondo lo yoga, la sostanza mentale assume la forma esterna che sta conoscendo. Questo concetto implica che l'individuo non può che avere una sola immagine mentale alla volta e che l'intensità del ricordo e quindi della comprensione deriva dal grado di attenzione prestato a quella immagine. 

Vijnana-maya-kosha
E' l'involucro o "piano" della conoscenza individuale, che riceve direttamente la luce dalla buddhi. Siamo ancora nel piano formale dell'individuo, dove si percepisce l'azione dell'ego.
Questo piano è in contatto con il mondo grossolano del cosmo e della materia, così come la percepiamo per mezzo dei sensi. 

Ananda-maya-kosha 
Il piano della "felicità", in-formale e d'ordine universale. In questo piano la luce del Brahman, attraverso la buddhi, illumina direttamente la coscienza dell'essere umano che la capta e conosce per intuizione spirituale e non per ragionamento mentale. Si tratta dello stato spirituale più elevato che sia possibile raggiungere attraverso il Tantra. Questo inviluppo accompagna la coscienza nelle successive rinascite, sino alla liberazione finale nel quale l'atman individualizzato ritorna all'Essere. 

Il processo di apprendimento

Il corpo umano è la porta di accesso al divino; idea, questa, tutta indovedica che si differenzia nettamente dalle concezioni religiose monoteistiche che riconducono sistematicamente a quel "vizio di sostanza" che si esprime con il concetto di peccato originale. 

La prima manifestazione dell'atman nell'essere umano è la buddhi, la quale, di per sé, costituisce il principio dell'Intelletto superiore. René Guénon la chiamava "Intuizione intellettuale" per distinguerla da quell'intuizione che normalmente è espressione di una capacità discorsiva e razionale dell'essere umano nel quotidiano rapporto con la realtà. 

La buddhi, invece, è il riflesso della luce dell'Essere nella Manifestazione ed è proprio essa che forma l'elemento trascendentale nell'uomo. Non può avere, quindi, conoscenza dell'Io ed è al di là delle sensazioni percepite dal corpo. Si tratta, in sostanza, di una coscienza impersonale che crea i concetti e le idee generali, il testimone interiore che è anche giudice imparziale.

Il terzo elemento è il manas, la coscienza discorsiva, formale, che comprende la ragione, la memoria e l'immaginazione. E' l'unico elemento della struttura sottile dell'uomo che viene riconosciuto dalla psicologia occidentale: la mente, Per la filosofia indiana, invece, essa è nient'altro che il senso interno, un sistema di collegamentomento autopoietico analogo agli altri cinque: vista, udito, olfatto, gusto, tatto. 

La sua funzione è quella di sorvegliare il flusso ininterrotto di sensazioni che entrano nel corpo, di scegliere quelle che possono interessare l'individuo e di fare il "punto della situazione" ad ogni momento. Attraverso la sua incessante attività stimola il senso dell'Io (ahamkara) e questi attraverso il suo funzionamento, mette in movimento la buddhi. 

Il manas, quindi, è lo spirito empirico che raccoglie i dati sensibili; l'ahamkara è l'Io pensante che misura l'interesse personale e particolare e la buddhi è colei che giudica e decide. Spesso l'attvità di quest'ultima subisce l'interferenza decisiva dell'Ego (ahamkara) il quale, così, dissimula e confonde i dati dell'intelligenza propriamente detta.

La coscienza individuale dell'uomo, invece, nasce con quell'elemento che la dottrina chiama ahamkara, il quale consente di ritenerci un individuo tra tanti, con una propria personalità.
E' proprio da questa distinta personalità che scaturisce il desiderio o, meglio, la possibilità di attrarre o di opporre, la volontà di conoscere e di essere conosciuto. 

E mentre questa apparenza di separatività permette all'uomo, alla Creatura, così come descritta da Bateson, di vivere nel Creato, essa è la naturale sorgente del dolore, della sofferenza psicologica di sentirsi "privato" del possesso di ciò che non appartiene. La sete che spinge a colmare il vuoto prodotto da "ciò che non appartiene" porta alle continue esperienze della vita e, dopo la morte, costringerà questo nucleo di esistenza a rinascere. 
E' con l'ahamkara che l'individuo costruisce la sua storia personale; questo senso di soggettività lo conduce a sentirsi "differente" da altri individui e quindi separato dal Tutto.

Beyond Nature Reteat

Novità a Podere Campopiano che da qualche tempo ha cambiato pelle e si trasforma... 
Il Centro Olistico e la grande Sala Yoga hanno concluso le attività e presto quegli spazi troveranno una nuova vita nel borgo. 
La Country House ed i giardini che la circondano troveranno nuova forma ed un nuovo percorso. 
A presto...

Don’t Push the River


Don’t Push the River
It Flows by Itself



by Barry Stevens ARJ2 Chapter: Evolution of Consciousness Published by Real People Press/UT 

A Book Review by Bobby Matherne ©2012 "Don't push the river" was the catchphrase of the 1960s and 70s — it was an epithet thrown at anyone who acted tense, anxious, and uptight in those hippie and post-hippie decades filled with pop therapies like Transactional Analysis, Gestalt Therapy, and many others.

It was certainly the guiding principle of Fritz Perls's Gestalt work: if someone in a group were working on a dream in which he was afraid of a river, he might be told, "Become the river" and encouraged to stand up and move around the room like the river, to feel how the river flows by itself. "There are no rules in Gestalt, only awareness," Fritz might tell him. 

Anything you fear or resist out in the world is part of you and inside you, and becoming aware of its presence and vitality will free you from pushing and move you into flowing.