Il Libro Tibetano dei morti, o Bardo Thödrol

(Chikhai Bardo) 

Capitolo tratto da “Books of the Dead – Manuals for Living and Dying”, by Stanislav Grof,

Il Libro Tibetano dei morti, o Bardo Thödol, è un testo funebre molto più recente del suo corrispondente egizio e possiede incomparabilmente maggior consistenza interna e coerenza.


Europe: A woodcut depicting a praying skeleton, probably symbolic of the 'Black death', anon., c. 15th century
A differenza del Pert em hru ( libro dei morti egizio) è un testo ben definito e omogeneo, del quale conosciamo l’autore e la data approssimata della sua redazione.

Nonostante abbia la sua base in un materiale orale molto più antico, fu scritto per la prima volta nell’ottavo secolo ed è attribuito al Grande Guru Padmasambhava.

Questo leggendario maestro spirituale ha introdotto il Buddismo nel Tibet ed ha stabilito i fondamenti del Vajarayana, un insieme di insegnamenti buddisti e di elementi di una tradizione indigena ancestrale chiamata Bon, che fu la religione principale del Tibet prima dell’arrivo di Padmasambhava.

Si sa poco con certezza circa la religione pre-buddista del Tibet; tuttavia, una delle sue preoccupazioni dominanti sembrava essere la continuità della vita dopo la morte. Essa possedeva elaborati rituali che avevano come finalità assicurare che l’anima della persona morta fosse condotta in sicurezza nell’aldilà.

Animali sacrificati, cibi, bevande e vari oggetti preziosi accompagnavano il morto durante il percorso postumo. I riti funebri erano particolarmente elaborati quando moriva un re o un nobile. In queste occasioni, il sacrificio prevedeva l’immolazione di compagnie umane selezionate, le cerimonie coinvolgevano un grande numero di sacerdoti e ufficiali di corte e duravano parecchi anni.

Oltre ad assicurare la felicità del morto nell’oltretomba, si auspicava che questi riti influissero beneficamente sul benessere e la fertilità dei vivi.

Aspetti caratteristici dell’ antica religione tibetana originale erano il culto agli dei locali, specialmente le divinità guerriere e della montagna e l’uso di stati di trance per attività oracolari. Il Bon originale possedeva componenti animici e sciamanici significativi.

Dopo l’arrivo del Buddismo nel Tibet, entrambi i sistemi religiosi coesisterono e, malgrado la loro diversa natura, si fertilizzarono a vicenda intrecciandosi ampiamente.

Nelle loro forme estreme, è relativamente facile distinguere il Buddismo genuino dalla religione Bon; tuttavia, nella pratica, esse sono così intimamente amalgamate che, nella mente della maggioranza delle persone, sono state fuse in un unico sistema di verità di fede.

Gli elementi non buddisti sono particolarmente evidenti nel rito del sacrificio rituale di persone ai demoni locali, praticato da certi yogi ascetici. Il Bardo Thödol è una guida alla morte e al morire, un manuale che aiuta chi è partito a riconoscere, con l’aiuto di un lama competente, i vari stadi dello stato intermediario tra la morte e la successiva rinascita e ad ottenere la liberazione.

Gli stati di coscienza associati al processo della morte e della rinascita appartengono ad una famiglia più ampia di stati intermedi o bardi:
1. Lo stato bardo naturale dell’esistenza intrauterina   
2.Il bardo dello stato di sogno   
3.Il bardo dell’equilibrio estatico durante la meditazione profonda   
4.Il bardo del momento della morte (Chikhai Bardo)   
5.Il bardo delle illusioni karmiche che si susseguono alla morte (Chonyid Bardo)   
6.Il bardo del processo inverso, o dell’esistenza samsarica, quando ci si appresta a cercare la rinascita (Sidpa Bardo).
Il Libro Tibetano dei morti fu scritto come una guida per il morire; tuttavia possiede livelli di significato addizionali. Secondo gli insegnamenti buddisti, morte e rinascita non avvengono soltanto in connessione con il decesso biologico e il successivo inizio di un’altra vita, bensì in ogni momento della nostra esistenza.

Gli stati descritti nel Bardo Thödol possono essere sperimentati anche in stati meditativi durante una pratica spirituale sistematica. Questo importante testo è, perciò, al tempo stesso, una guida per la morte, una guida per la vita e una guida per i ricercatori spirituali seri. Esso è costituito da una serie di istruzioni su sei tipi di liberazione: liberazione attraverso l’udire, l’indossare, il vedere, il ricordare, il gustare e il toccare.

Le istruzioni circa i diversi tipi di liberazione furono formulate da Padmasambhava e scritte da sua moglie. Padmasanbhava sotterrò questi testi sulle colline Gampo del Tibet centrale, così come fu fatto con molti altri testi e oggetti sacri, chiamati termas o “tesori nascosti”. Egli concesse il potere di scoprirli a venticinque dei suoi discepoli principali. 
   
I testi del Bardo Thödol furono scoperti più tardi da Karma Lingpa, che appartenne alla tradizione Nyingma e che si incarnò successivamente in uno di questi discepoli. Questi testi sono utilizzati, da secoli, da chi studia con serietà i suoi insegnamenti, come guide importanti per la liberazione e l’illuminazione.

Il Bardo Thödol descrive le esperienze a cui si va incontro al momento della morte (Chikhai Bardo), durante il periodo in cui si hanno le visioni archetipiche e le illusioni karmiche che si susseguono alla morte (Chonyid Bardo) e nel processo in cui si cerca la rinascita (Sidpa Bardo).

Tradizionalmente, questo testo viene cantato dai maestri, o lama, per un periodo di quarantanove giorni dopo la morte, al fine di istruire lo spirito del defunto circa ciò che si deve aspettare nello stato Bardo e come utilizzare le esperienze in vista della liberazione.

CHIKHAI BARDO
IL BARDO DEL MOMENTO DELLA MORTE

Il Chikhai Bardo descrive le esperienze associate al momento della morte. Il loro aspetto più caratteristico è una sensazione di perdere il contatto col mondo famigliare delle polarità e di entrare in un regno irreale di confusione.

In quel momento il mondo logico e ordinato che conosciamo nella vita di tutti i giorni comincia a dissolversi e si ha una sensazione di incertezza ; si sta vivendo una illuminazione o si sta diventando pazzi? .

Il Bardo Thödol tratta questa esperienza annunciando la morte imminente dei vari elementi corporali.

A questo bardo appartengono le esperienze della percezione modificata del peso corporeo, della densità, delle intense pressioni fisiche e della progressiva perdita di contatto col mondo fisico. In questo stadio, qualcuno può rifugiarsi nella mente e tentare di riaffermare a se stesso che essa funziona ancora.

Questo tentativo è descritto come “terra che si immerge nell’acqua”. Nello stadio seguente, le operazioni della mente cessano di essere fluide e la circolazione dei pensieri è turbata. L’unica forma di relazione con il mondo conosciuto è attraverso le emozioni ;pensando a qualcuno che si ama o che si odia.

Le sensazioni di un freddo viscoso sono sostituite da un calore rovente.

Il Bardo Thödol fa riferimento a questa esperienza come a “acqua che si immerge nel fuoco”. E allora le emozioni vissute si dissolvono e l’attenzione si volge lontano dagli oggetti di amore e di odio; tutto l’essere sembra essersi polverizzato in atomi.

Questa esperienza del “fuoco che si immerge nell’acqua” crea uno stato di apertura verso l’incontro seguente con la luminosità cosmica.

Nell’esatto momento della morte si può avere una schiacciante visione del Dharmakaya, o della “Limpida Luce Primordiale della Realtà Pura”. E’ come se tutta l’esistenza, all’improvviso, apparisse nella sua totalità assoluta, brillando come una luce eterna che sta per nascere.

In questa esperienza, tutte le dualità sono trascese – agonia e estasi, bene e male, bellezza e bruttezza, calore ardente e freddo ghiacciante, tutte coesistono in un tutto apparentemente indifferenziato fuori da ogni concezione conosciuta di tempo e spazio.

In ultima analisi, il Dharmakaya è identico alla coscienza stessa dell’osservatore, che non nasce nè muore ed è in essenza la Luce Immutabile.

Secondo il Bardo Thödol, se si riconosce questa verità e l’individuo si preparò , mediante pratiche sistematiche, per affrontare l’enormità di questa esperienza, questa situazione gli offre una opportunità unica di liberazione spirituale istantanea, poiché gli restituisce la sua individualitò.

Coloro che si lasciano intimorire e si discostano dal Dharmakaya avranno un’altra possibilità subito dopo la morte, quando la “Limpida Luce Secondaria” risplenderà sopra di loro. Se costoro dovessero perdere anche questa possibilità di dissoluzione completa delle loro individualità, allora la forza dei loro karma li attrarrà implacabilmente dentro una complicata sequenza di avventure spirituali, con un panteon intero di divinità pacifiche e irate, durante le quali le loro coscienze si troveranno progressivamente sempre più distanti dalla luce liberatrice, nella misura che si avvicinano ad un’altra rinascita.

Queste sono le esperienze descritte nel secondo e terzo bardo

CHONYID BARDO 
IL BARDO DELL’ESPERIENZA DELLA REALTÀ

Nel Chonyid Bardo, le esperienze consistono in successive visioni di una ricca serie di presenze divine e demoniache che il defunto incontra lungo il suo cammino, dal momento della morte fino al momento della ricerca della rinascita.

Nei primi cinque giorni di questo bardo, sorgono le gloriose figure delle cinque Divinità Pacifiche.

Sono i DhyaniBudda trascendenti, o Tathagatas, avvolti in luci brillanti di vari colori - Vairocana (Budda Supremo ed Eterno),Akshobhya (Budda Immobile), Ratnasambhava (Budda della Nascita Preziosa), Amithaba (Budda della Luce Infinita) e Amoghadsiddhi (Budda del successo infallibile).

Essi appaiono assieme ai loro assistenti, Bodhisattvas maschili e femminili.

Al sesto giorno, tutti i Dhyani Budda sorgono tutto d’un colpo coi loro assistenti, assieme ai quattro Guardiani dei Portali pacifici, o irati, con le loro shaktis femminili o dakinis, assieme ai Budda dei sei lokas, o regni nei quali si può rinascere; ed assieme, inoltre, ad un notevole numero di figure divine, per un totale di quarantadue divinità.

La loro brillantezza è in aperto contrasto con la seduzione delle luci intorpidenti e illusorie che rappresentano i sei lokas.

Al settimo giorno, cinque Divinità Detentrici della Conoscenza sorgono dai regni paradisiaci con le loro dakinis, innumerevoli eroi ed eroine, guerrieri celestiali, e divinità protettrici della fede. Splendori di luci colorate emanano dai loro cuori e competono con la fosca luce del tiryaloka, il regno degli animali, o brutali creature subumane.

Le emozioni che ci possono attrarre verso i lokas individuali sono: paura e terrore karmicamnte determinati (devaloka), rabbia violenta (narakaloka), egotismo (manakaloka), attaccamento (pretaloka), invidia e gelosia (asuraloka) ; la rinascita nel tiryaloka è descritto nel Bardo Thödol come un risultato dello “influsso delle illusioni delle tendenze di qualcuno”.

Il periodo tra l’ottavo e il quattordicesimo giorno è il tempo in cui sorgono le Divinità Colleriche, o Adirate. Le figure demoniache che si manifestano tra l’ottavo e il dodicesimo giorno, terribili quanto possibile, sono invero gli aspetti oscuri dei Budda trascendentali.

Al trediceimo giorno, i Kerimas, gli Otto Collerici e i testa-di-animale Htamenmas emergono dai profondi regni della psiche.

Al quattordicesimo giorno sorge un ricco insieme di divinità, tra le quali le Quattro Gurdiane dei Portali Femminili, con teste di animali, e altre poderose dee theriomorfiche e yoguinis.

Per i non preparati e non iniziati, le divinità colleriche sono fonte di terrore e timore. Tuttavia, chi avesse familiarizzato con queste immagini attraverso lo studio, chi si fosse preparato al loro incontro mediante una intensa pratica psico-spirituale, sarebbe pronto a riconoscerle e a capire che sono essenzialmente immagini vuote, proiezioni della sua stessa mente.

Egli le riconoscerebbe sarebbe pronto ad unirsi a loro e ad attingere lo Stato Buddico .

SIDPA BARDO 
IL BARDO DELLA RICERCA DELLA RINASCITA

Quelli che hanno perso l’occasione della liberazione nei primi due bardi devono affrontare questo ultimo stadio dello stato intermediario.

Dopo essere svenuti a causa della paura nel Chonyid Bardo, ora si svegliano in una nuova forma - il corpo bardo (corpo di sogno). Il corpo bardo differisce da quello grossolano che conosciamo nella vita di ogni giorno. Esso non è composto di materia ed ha notevoli qualità. E’ dotato di un potere di movimento libero e può penetrare attraverso oggetti solidi.

Coloro che esistono nella forma del corpo bardo possono apparire e sparire quando vogliono, viaggiare istantaneamente verso qualsiasi luogo della terra e perfino raggiungere il Monte Meru, la montagna cosmica sacra.

Essi possono mutare di dimensioni e di forma, duplicare la loro forma, manifestarsi simultaneamente in più di un luogo.. A questo punto, a qualcuno potrebbe sembrare di essere al comando di miracolosi poteri cosmici; ma il Bardo Thödol qui da un avvertimento molto serio a chiunque si permettesse di provare desiderio per queste forze ed attaccarsi a loro.

La qualità delle esperienze, in questo bardo - il grado di felicità o di miseria, dipende dal registro karmico della persona in questione. Coloro che hanno accumulato molto karma cattivo saranno tormentati da eventi spaventevoli, come demoni divoratori di carne, o rakshasas, che impugnano armi, terribili bestie predatrici e forze di elementi furiosi della natura.

Queste forze possono essere esempio,lo scontro di rocce che si disintegrano l’una con l’altra, mari che trasbordano per la rabbia, fuochi crepitanti, crepacci e precipizi funesti. Coloro che invece hanno accumulato meriti karmici proveranno piaceri deliziosi, mentre coloro che hanno un karma neutro andranno incontro ad un tedio incolore e all’indifferenza.

Il culmine delle esperienze nel Sidpa Bardo è la scena del giudizio, durante il quale il Signore e Giudice della Morte, il cui nome è Yama Raja o Dharma Raja, esamina le azioni del passato dell’individuo dal punto di vista karmico, con l’aiuto del suo specchio narratore di storie.

Egli, allora, assegna la persona, secondo i suoi meriti o demeriti, a uno dei sei lokas o regni,o reami, nei quali uno può rinascere - il regno degli dei, degli asuras belligeranti, degli esseri e bestie subumani, degli umani, dei fantasmi affamati, o l’inferno.

Quando le luci dei sei lokas stanno per sorgere nella persona che si trova in questo stadio del cammino del bardo, si può fare un tentativo di chiudere la porta dell’utero e prevenire una reincarnazione sfavorevole.

Il Bardo Thödol suggerisce, a questo fine, varie maniere. Può essere utile contemplare la divinità tutelare o meditare sulla pura luce; altre possibilità sono percepire il vuoto essenziale di tutte le apparizioni samsariche o concentrarsi nella corrente del karma buono.

Si possono evitare i sentimenti forti, che si sperimentano in questo momento, mediante le figure dei futuri genitori percepiti come corpi nudi in unione sessuale.

Coincidendo con la teoria della moderna psicologia del profondo , queste emozioni prendono la forma di una attrazione per il genitore di sesso opposto e ripulsa o rabbia verso la figura del genitore del proprio sesso.

Se tutte le occasioni di liberazione sono andate perse, il defunto potrà essere condotto irresistibilmente dalle illusioni vissute e la rinascita avverrà invariabilmente.

Con il dovuto orientamento, lo sfortunato individuo ha ancora un’ultima speranza: col dovuto orientamento, egli, o ella, può ancora avere qualche influsso sulla scelta dell’utero nel quale rinascerà.  
In un ambiente appropriato e con aiuto, la nuova vita può offrire occasioni di una pratica psico-spirituale che offra una preparazione migliore per il prossimo viaggio attraverso gli stati del Bardo.

LA RUOTA TIBETANA 
DELLA MORTE E DELLA RINASCITA

Il Panteon delle Divinità Buddiste Tibetane del BT

Molte religioni e culture hanno mitologie elaborate, con vivide descrizioni di divinità e demoni ed anche complessi scenari di vari regni archetipici. Ma nessuna di loro possiede una iconografia così ricca e meticolosa come quella del Buddismo Tibetano.

Essa trova la sua espressione nel Bardo Thödol, il quale offre descrizioni meticolose di un fantastico ventaglio di divinità beate e colleriche e di altri abitanti dei piani post morte.

Sono descritti con meravigliosa precisione nel loro aspetto generico, le loro caratteristiche specifiche, gli attributi simbolici e i colori che sono loro associati.

Mentre le esperienze della Pura Luce Primaria e Secondaria, che caratterizzano il Chikhai Bardo rappresentano l’energia creativa cosmica e la sua natura pura ; e riflettono in modo completamente amorfo tutto il suo potere di manifestare i regni infiniti dell’essere, la progressione attraverso i due bardi restanti, invece, rivela una crescente molteplicità di forme specifiche.

Nel Chonyid Bardo, le cinque espressioni primordiali di questa energia, i Dhyani Buddhas sorgono prima nel loro aspetto beato e gradatamente evolvono in un meraviglioso panteon di Divinità Guardiane della Conoscenza, Colleriche, Guardiane dei Portali, Yoginis dei Quattro Punti Cardinali, e una ricca serie di altri esseri archetipipici. Contemporaneamente, brillano le fosche luci di diversi colori, che rappresentano i sei lokas, i regni nei quali si può rinascere. Il Sidpa Bardo poi porta in scena il Giudizio, con Dharmaraja e i suoi ausiliari, e l’intricato paesaggio dei sei lokas e dei suoi abitanti.

Le Divinità Pacifiche del Chonyid Bardo

I primi cinque Budda primordiali sono chiamati anche Tathagatas o Jinas. Tathagata significa, letteralmente, "colui che viene e va allo stesso modo” , ossia colui che è diventato uno con l’essenza di ciò che è, e Jina significa “vittorioso”.

Entrambi i termini sono sinonimi del nome Budda, che significa “il risvegliato”.

I cinque Tathagatas sono i cinque modi principali della natura Buddica, coscienza pienamente sveglia.
Essi incorporano cinque qualità di saggezza; tutto ciò che fa parte dell’esistenza - esseri viventi, luoghi o avvenimenti - è profondamente connesso con e descritto nei termini di uno dei cinque.

Per questo, essi sono anche conosciuti come le cinque famiglie. Tuttavia, nel mondo samsarico o nello stato della mente di una persona non illuminata, essi appaiono come cinque veleni o emozioni confuse.
Questa situazione è allora rappresentata attraverso i suoi aspetti collerici.

Vairochana (Il seme che si propaga in avanti ) è il Budda del Regno Centrale. Egli è bianco e sorge in uno spazio azzurro; l’abbagliante luce azzurra del Dharmdhatu che si irradia dal suo cuore compete con la fosca luce bianca del regno degli dei (devaloka).

Seduto su un trono di leone e abbracciato dalla Madre dello Spazio del Paradiso, egli stringe nella mano una ruota con otto raggi, simbolo della trascendenza del tempo e della direzione. Vairochana è rappresentato frequentemente con quattro volti, che percepiscono contemporaneamente tutte le direzioni, ciò esprime apertura completa della coscienza e visione panoramica decentralizzata.

Egli rappresenta la saggezza del dharmadhatu, lo spazio illimitato che tutto penetra, dove tutto esiste come veramente è . Essendo egli la figura originale e centrale, la sua famiglia è conosciuta come la famiglia Budda o famiglia Tathagata; questi nomi rappresentano la realtà assoluta , l’opposto dell’ignoranza. Nel suo aspetto negativo, egli simbolizza il veleno della confusione, o l’ignoranza basica dalla quale tutti gli altri difetti mentali o veleni si evolvono.

Amitabha (il Budda della Luce Infinita) è il Budda del Regno Occidentale della Felicità, Il Paradiso Ocidentale, oSukhavati. Egli è rosso e irradia dal suo cuore la luce rossa brillante della saggezza che tutto discrimina; qui, l’alternativa è la fosca luce rossa del regno dei fantasmi affamati (pretaloka). Amitabha è seduto su un trono di pavone, ha in mano un loto ed è abbracciato dalla sua Shakti Pandaravasini, la Vestita di Bianco.

Il pavone e il loto simbolizzano la purezza, l’apertura e l’accettazione.

I Boddhisattvas di Amitabha sono Avalokiteshvara, l’intelligenza definitiva della compassione, Manjushri, che rappresenta la comunicazione della compassione attraverso il suono, Gita, la dea del suono, e la portatrice-della-torcia Aloka. Amitabha comanda la famiglia Padma caratterizzata dalla compassione e dalla saggezza discriminante.
Il veleno è l’indulgenza nelle passioni ordinarie e l’attaccamento agli aspetti piacevoli del mondo materiale.
Akshobhya (il Budda Immobile) o Vajrasattva (l’Essere di puro Diamante) è il Budda del Regno Orientale della Felicità Pre-Eminente.

Egli è azzurro e la brillante luce bianca della saggezza specchiata che irradia dal suo cuore compete con la fosca luce fumosa del regno dell’Inferno (narakaloka). Abbracciato dalla sua Shakti Budda-Lokana, la Budda Occhio, egli riposa su un trono di elefante e stringe nella mano una Vajra con cinque denti o raggi

Gli assistenti che lo accompagnano sono i Boddhidattas Kshitigarbha, l’Essenza della Terra, e Maitreya, l’Amoroso, e anche due Boddisattvas femminili, Lasya, la dea della danza, e Pushpa, la dea dei fiori.

Akshobhya è il sovrano della famiglia Vajra che rappresenta la saggezza trascendentale profonda che tutto riflette chiaramente e senza giudizio critico. Il veleno corrispondente è l’aggressione o l’odio.
Ratnasambhava ( Nato da Un Gioiello) è il Budda del Regno Meridionale Dotato di Gloria.

Egli è giallo e irradia una brillante luce di equanimità e non-discriminazione, la ricchezza e la maestà che possono far sì che qualcuno scelga la concorrente luce giallo-azzurrina e fosca del regno umano (manakaloka).

Seduto su un trono di cavallo, Ratnasambhava tiene in mano il gioiello realizzatore dei desideri. Il suo colore giallo rappresenta la fertilità, la prosperità e la ricchezza della Terra; la sua consorte Mamaki rappresenta l’acqua, un elemento indispensabile alla fertilità.

I due Boddhisatvas maschili che li accompagnano sono Akashagarbha, o l’Essenza dello Spazio, e Samantabhadra , il Tutto-Buono, e le loro controparti femminili sono Mala, rappresentando gioielli e adorni preziosi di tutti i tipi, e Dnupa, la dea dell’olfatto, del profumo e dell’aria fresca. Ratnasambhavapresiede la famiglia Ratna, che è caratterizzata dalla saggezza della luce non-discriminante dell’equanimità e dell’uguaglianza.

Il loro veleno specifico è l’orgoglio.

Amogha-Siddhi (il Budda della Magia Infallibile) è il Budda del Regno Settentrionale delle Realizzazioni Ben Succedute delle Migliori Azioni. Egli è verde ed emana dal suo cuore una radiante luce verde che compete con la fosca luce verde del regno dei guerrieri divini (asuraloka).

Sta seduto su un sedile di shenh-sheng, una specie di arpia o Garuda, un uccello archetipico che è musicista e simbolo di realizzazione; esso può volare e percorrere tutto lo spazio. Amogha-Siddhi è abbracciato dalla sua consorte, Samaya-Tara, la Salvatrice del Mondo Sacro, e la vajra incrociata dai molti colori che ha in mano simbolizza l’area di tutte le attività percepite in tutte le direzioni, un tipo di realizzazione e completamento panoramici. 

Qui incontriamo i Boddhisattvas Vajrapani, o Colui che porta la Vajra, che simbolizza enorme energia, eSarvanivarana-viskambhin, il Purificatore di Tutti gli Ostacoli, e anche le loro controparti femminili, Gandha, la dea del profumo, e Naivedya, che fornisce alimento per la meditazione. Amogha-Siddhi presiede la famiglia Karmaassociata alle azioni sagge, all’efficienza e alla realizzazione.

Il veleno caratteristico è l’invidia.

I cinque Tathagatas sorgono individualmente nei primi cinque giorni consecutivi del Bardo Chonyid.

Nel sesto giorno, tutti questi cinque Budda primordiali si manifestano assieme.

Se uno non è preparato a questa esperienza, questo fatto lo porta ad uno stato di perplessità, smarrimento ,giacché i cinque Tathagatas, riempiono tutto lo spazio, in tutte le direzioni, non c’è via d’uscita, dal momento che anche i quattro portoni sono custoditi dai Guardiani dei Portali : Vijaya , Il Vittorioso (Est), Yamantaka , Il Distruggitore del Signore della Morte (Sud), Hayagriva, Il Re Testa di Cavallo (Ovest), e Amritakundali, o la Spirale del Nettare dell’Immortalità (Nord), tutti con le loro Shaktis. Inoltre ci sono i Budda dei sei lokas ed altre figure, per un totale di quarantadue divinità.

Le Divinità Guardiane della Conoscenza del Chonyid Bardo

Nel settimo giorno, con lo svilupparsi delle immagini del Chonyid Bardo, i Vidyadharas, o Divinità Detentrici della Conoscenza, fanno la loro apparizione.

Le divinità del Bardo Thödol hanno una connessione specifica con i centri di energia psichica o chakras. Le divinità pacifiche sono associate al chakra del cuore e le divinità irate che le seguono sono associate a quello della fronte; i Detentori della Conoscenza rappresentano il loro legame mediato dalla parola e, quindi, sono connessi al chakra della gola.

Essi non sono ne pacifici, ne irati, bensì intermediatori, sono imponenti, impressionanti e schiacciantemente irresistibili.

Al momento della loro apparizione, la luce verde del regno animale (tiryakaloka) si manifesta simbolizzando l’ignoranza.

Tutti i Vidyadharas ballano mentre compiono riti affascinanti e tengono in mano lunghi pugnali e crani pieni di sangue; il significato esoterico del cranio pieno di sangue è la rinuncia alla vita umana e al mondo del samsara.

Nel centro del suo cerchio sta il Loto del Signore della Danza, il Supremo Detentore della Conoscenza Che Matura il Frutto Karmico, in un alone di colori radianti d’arcobaleno, abbracciato dalla sua Dakini Rossa .

A est c’è la divinità chiamata Detentore della Conoscenza Terra-Permanente, di colore bianco e abbracciato dallaDakini Bianca.

Al sud c’è il sorridente e raggiante Detentore della Conoscenza, chiamato Colui che Ha Potere Sulla Durata della Vita, di colore giallo e con la Dakini Gialla.

La divinità che sta ad ovest è il Detentore della Conoscenza del Grande Simbolo, rosso, sorridente e raggiante, e abbracciato dalla Dakini Rossa.

E finalmente,al nord, c’è il Detentore della Conoscenza Auto-Evoluta, di colore verde, con sembianze metà furiose e metà sorridenti, abbracciato dalla Dakini Verde.

I Detentori della Conoscenza sono attorniati da innumerevoli dakinis di vario tipo,eroi, eroine, guerrieri celestiali e divinità protettrici della fede.

Utilizzando tamburi, trombette fatte con femori, tamburelli fatti con crani, coperte e bandiere fatte di pelle umana, essi producono suoni spaventevoli che fanno sì che tutto il mondo vibri, si scuota e tremi. Mantras che inducono allo spavento si alternano a grida agghiaccianti: “Uccidere! Uccidere!”

Le Divinità Irate del Chonyid Bardo

Dall’ottavo al dodicesimo giorno, i Tathagats appaiono nel loro aspetto demoniaco, orribili e spaventosi, comeherukas, e con le loro consorti. Essi hanno tre teste, sei braccia e quattro piedi e rappresentano la qualità illimitata e senza restrizioni dell’energia delle famiglie Buddiche.

L’energia basica di tutti i Collerici Herukas è concentrata nel Grande Glorioso Heruka marrone scuro;
egli è l’apetto orribile de Vairochana. Vajra-Heruka è blu scuro ed è la forma collerica di Vajra-Sattva (Akshobhya). L’apetto orribile di Ratnasambhava è il Ratna-Heruka giallo, mentre la controparte scura del Budda Amitabha è Padma-Heruka, nero rossiccio, e quella di Amogha-Siddhi è il Karma-Heruka, verde scuro.

Nel tredicesimo giorno si manifestano i Kerima, gli Otto Collerici, e le Htamenmas, spaventose divinità zoomorfiche; esse hanno le teste di vari animali - leone, tigre, volpe nera, lupo, avvoltoio, uccello rosso del cimitero, corvo e civetta.

Nel quattordicesimo giorno, le visioni del Chonyid Bardo finiscono con una ricca serie di divinità, tra le quali le Quattro Guardiane Femminili dei Portali, con teste di animali, ed altre poderose divinità zoomorfiche e Yoginis. Se tutte le opportunità di liberazione, nei primi due Bardi, sono andate perse, il processo si muove verso il Sidpa Bardo, o Il Bardo della Ricerca della Rinascita, con le sue specifiche difficoltà.

Sidpa Bardo: Il Giudizio e i Sei Regni dell’Esistenza

Un tema centrale, nel processo di ricerca della rinascita del Sidpa Bardo, è la scena del giudizio che culmina con la destinazione ad uno dei sei regni, o lokas. Il Re e Il Giudice della Morte è una divinità chiamata Dharma Raja (Re della Legge), o Yama Raja (Re della Morte); egli rappresenta l’aspetto collerico di Chenrazee, il Protettore Nazionale del Tibet.

La sua testa, il suo corpo, il suo padiglione e la sua corte sono adornati con crani umani, teste e pelli.
Sotto i suoi piedi egli schiaccia Mara, figura simbolica di maya, la natura illusoria dell’esistenza umana.

Egli giudica la morte impugnando nella mano destra una spada, simbolo del potere spirituale, e nella mano sinistra lo Specchio del Karma, nel quale sono riflesse tutte le buone e le cattive azioni da giudicare.

A fianco della bilancia, assistite da Shinje, una divinità con la testa di scimmia, ci sono due figure - Il Piccolo Dio Bianco, con un sacco di pietre bianche, e Il Piccolo Dio Nero, con un sacco di pietre nere.

Eseguendo le istruzioni di Yama Raja essi pongono sulla bilancia sassi bianchi o neri, a seconda dei meriti o demeriti karmici del giudicato.

Un consiglio di divinità, sedute nella Corte del Giudizio, molte delle quali con teste di animali, assicurano l’imparzialità della giustizia e la legalità del processo. A seconda del risultato della pesata, i morti sono destinati a uno dei sei regni dell’esistenza.

Per la psicologia Buddista Tibetana, tutto questo processo non è limitato al tempo della morte biologica, ma si applica ugualmente anche alle profonde trasformazioni che occorrono durante la pratica spirituale. E’ questa la parte del Bardo Thödol che più assomiglia agli eventi descritti nel Libro della Morte Egiziano ed anche ai testi escatologici di altre culture.

Il Regno dell’Inferno (narakaloka) è un luogo dove si è esposti a torture estreme, ognuna delle quali rappresenta in ultima analisi le forze che agiscono nella nostra stessa psiche. Qui ci sono gli Otto Inferni Caldi, dove campi e montagne sono fatti di metallo caldo incandescente, fiumi sono trasformati in ferro fuso e lo spazio claustrofobico è riempito di fuoco.

L’opposto avviene negli Otto Inferni Freddi, regioni di freddo estremo, dove tutto è congelato e coperto da ghiaccio e neve. Negli inferni caldi ci sono quelli che hanno commesso atti di empietà motivati da rabbia violenta, mentre gli atti risultanti da egoismo e orgoglio portano agli inferni freddi.

Forme addizionali di tortura sono: tagliare o segare a pezzi, strangolare con funi, forare con spine e sottoporre a compressioni laceranti.

Questo è l’Inferno Avitchi, dove coloro che usano la magia per distruggere i loro nemici, o coloro che deliberatamente sono stati negligenti nell’osservanza dei voti Tantrici, soffrono torture durante tempi quasi interminabili.

Il Regno dei fantasmi Affamati (pretaloka) è abitato dai Pretas, lamentevoli creature che hanno un insaziabile appetito. Essi hanno enormi stomaci distesi a domandare di essere soddisfatti, ma i loro colli sono piccoli come punte di spilli, cosi che essi non possono mai saziarsi. In questo regno, c’è una tremenda ansia di ricchezza, desiderio di potere e possesso. Tuttavia, anche se si riuscisse ad esaudire i propri desideri e a possederne i frutti, si sarebbe incapaci di goderne.

Questo fa sì che ci si senta ancora più affamati, delusi e bisognosi. Per di più, la soddisfazione non dura e dopo una fugace esperienza di piacere, ritorna un’altra ricerca che non ha fine. Questa è la sofferenza associata alla cupidigia.

Il Regno Animale (tiryakaloka) è caratterizzato da un modo di vita ottusa; è pura sopravvivenza, a un livello semplice, dove un senso di sicurezza si alterna a momenti di paura. Tutto ciò che è fuori dalle anitudini o è imprevisto è minaccioso e diventa fonte di confusione e paranoia. Tra l’altro, il regno animale è privo di humor. Gli animali possono sperimentare piacere e dolore, ma il senso dell’humor e l’ironia non esistono nelle loro vite.

per gentile concessione del dott. Stanislav Grof