Dzogchen: La Grande Perfezione

Namkhai Norbu


Tib., rDzogs-pa ch'en-po; Grande Perfezione

Skt., mahasandi; Grande Completezza

Il termine è spesso usato per abbreviare la forma del termine tibetano Dzog-pa Chen-po, che tradotto letteralmente significa "Insegnamenti della Grande Perfezione". 

Inteso meno letteralmente, lo Dzogchen è stato definito come "lo stato auto-perfezionato dell'individuo" [Norbu, Dzog Chen e Zen], lo "stato di totale completezza" [Norbu, Esperienza Primordiale] o "l'insegnamento della auto-perfezione spontanea" [Norbu, Il Cristallo].

Dzogchen è spesso considerato come il nome di una specifica scuola di Buddhismo Vajrayana, in più è, abbastanza semplicisticamente, il nome Tibetano per lo stadio più elevato dei Tantra Interni come definiti dalla scuola Nyingmapa, ed ha molto in comune con la Mahamudra ed alcuni insegnamenti Lamdre di altre scuole Tibetane. Molti dei maggiori insegnanti, insegnamenti e testi che appartengono allo Dzogchen possono essere trovati negli insegnamenti Nyingtig.

Lo Dzogchen è talvoltavolta considerato come un'eresia, specialmente dalla scuola Gelugpa, principalmente perchè condivide alcuni punti di vista con il Buddhismo Cinese Ch'an (influenzato dal Taoismo) e con la tradizione Shaiva del Kashmir. Così, la maggioranza dei testi dello Dzogchen sono stati esclusi dal canone Buddhista Kanjur, la famosa collezione di testi sacri risalente al tredicesimo secolo di Bu-ston. 

In ogni caso, aderenti alle scuole Gelugpa e ad altre scuole hanno riconosciuto il valore ed il potere degli insegnamenti Dzogchen e spesso lo hanno praticato (per esempio il 5° Dalai Lama e S.S. Tenzin Gyatso, XIV Dalai Lama ); e se necessario, lo fecero in segreto.

Gli insegnamenti Dzogchen sono stati trasmessi principalmente dalla scuola Nyingmapa, la prima e più antica delle scuole Tibetane. La Tradizione è ancora molto viva e presente in Occidente, specialmente attraverso Chögyal Namkhai Norbu Rimpoche.

Grazie al suo addestramento e alla sua formazione, grazie alla sua conoscenza del Tibetano, del Cinese, del Mongolo e dei moderni linguaggi occidentali, e grazie alla sua diligente ricerca delle origini primitive della cultura Tibetana, si è venuti a conoscenza che lo Dzogchen ha radici indipendenti dal Buddhismo (vedi Bön), e che gli aspetti importanti della sua attualità precedono gli insegnamenti Buddhisti che raggiunsero il Tibet dall'India alla fine del settimo secolo.


Una delle più interessanti caratteristiche degli insegnamenti Dzogchen è il metodo non gerarchico, un metodo che lascia al praticante molto spazio alla sua individualità, ed al ruolo sociale che svolge nella vita.

Un insegnante Dzogchen non chiederà, a differenza di molti altri maestri o guru, la cieca obbedienza nel senso di "Segui le mie regole insindacabilmente ed obbedisci ai miei precetti!" Invece, l'insegnante Dzogchen cerca di trasmettere una particolare conoscenza, di risvegliare la mente dello studente e di rendere l'individuo consapevole della natura innata e primordiale della consapevolezza.

Un tale maestro Dzogchen dirà piuttosto questo :

"Aprite il vostro occhio interno ed osservate voi stessi. Fermate la ricerca di un lampo di illuminazione che vi illumini dall'esterno, ma accendente la vostra lampada interna. Così gli insegnamenti verranno a vivere in voi, e voi negli insegnamenti.

L'insegnamento deve diventare una conoscenza vivente i tutte le proprie attività quotidiane. Questo è nell'essenza della pratica, ed oltre a questo non c'è niente altri di particolare che debba essere fatto." [Norbu, Dzogchen,]

Lo Dzogchen è spesso comparato al Buddhismo Cinese Ch'an ed è sempre stato definito "lo Zen Tibetano". Ad un certo grado, la comparazione certamente tiene ed è abbastanza rilevante.

Un aneddoto Dzogchen che risulta simile a molte delle storie-insegnamento dello Ch'an/Zen illustrerà il punto.
Un giorno un visitatore venne a visitare il famoso maestro Dzogchen Yundon Dorje Bal (1284-1365). Il visitatore chiese "Voi praticanti Dzogchen, voi state sempre facendo meditazione, giusto?" Yundon Dorje Bal rispose "Su cosa si suppone che io stia meditando?" "Ah", il visitatore allora disse, "allora voi praticanti di Dzogchen non meditate?" Questa volta il maestro replicò dicendo "Quando mai io sono distratto?"
Anche riguardo dell'importante questione della presenza mentale, importante almeno per i praticanti Buddhisti, sia lo Zen che lo Dzogchen, mostrano un profondo apprezzamento per un particolare consiglio di Siddharta Gautama Shakyamuni Buddha (563-483 BCE) su questo argomento.

Il Buddha disse, come è ricordato nel Prajnaparamhita Sutra, che mentre uno è in piedi dovrebbe essere consapevole di essere in piedi, quando uno dorme dovrebbe essere consapevole di dormire, quando uno è sano o malato, sia pienamente consapevole di qualsiasi condizione.


Un altro punto di vista molto simile tra lo Dzogchen e lo Zen, è il fatto che entrambi non cessano di dichiarare di non essere una religione o una fede, ma semplicemente una via di conoscenza.

Entrambi si definiscono come sistemi filosofici e/o psicologici che trascendono ogni limite religioso e culturale. Similmente allo wu-wei (Cinese, "azione all'interno della non-azione") del Taoismo e del Buddhismo Ch'an, anche lo Dzogchen conosce ed insegna un principio di non-azione (Tib., bya-bral, "puro potenziale").

Tali strette similitudini tra i due sistemi, comunque, possono facilmente condurci ad esaminare la maggiore differenza, che è la differenza tra il graduale sentiero del monaco Zen basato sul Sutra Mahayana, ed il sentiero istantaneo di ispirazione Bon e Tantrica dei praticanti Dzogchen.

A volte questi insegnamenti sono anche riferiti come "la Sacra Grande Perfezione" (Tib., bka' rdzogs pa chen po). In ogni caso, anche se il termine Dzogchen non appare completamente in un dato testo, come negli scritti più antichi, gli insegnamenti possono essere riconosciuti da termini ed espressioni che sono sinonimi virtuali del termine Dozgchen:
  • spontaneamente perfetto - Tib., lhun-grub
  • segreta essenza del cuore (gsang ba snying thig)
  • omni-inclusivo stato dell'individuo - Tib., bdag-nyid chen-po
  • stato di pura e totale presenza - Tib., byang-chub kyi-sems, Skt., bodhicitta
  • il grande centro dello stato di pura e totale presenza - Tib., snying-po byang-chub kyi-sems
  • terreno primordiale del grande centro dell stato di pura e totale presenza - Tib., ye-gzhi snying-po byang-chub kyi-sems
Nella storia di questa antica tradizione, i regni quasi dimenticati di Zhang Zhung e Oddiyana giocano il maggior ruolo. Entrambi queste regioni sono state spesso considerate come puramente leggendarie, sebbene siano oggi riconosciute come regni con distinte tradizioni e che hanno chiaramente e fortemente influenzato lo sviluppo culturale del Tibet e dei paesi vicini.
I sei versi del Vajra

La natura delle diverse cose non è duale
Ma ciascuna, nel suo stato, è al dila dei limiti della mente.
Della condizione "come è" non c'è concetto
Ma la visione si manifesta: tutto è bene.
Tutto è già compiuto, perciò, superata la malattia dello sforzo,
Ci si trova nello stato autoperfezionato: questa è la contemplazione.
(tratto da: Dzog-Chen, Namkhai Norbu, Ubaldini Editore)
Il Canto del Vajra

Non nato,
ma che continua senza interruzione,
senza andare né venire,
onnipresente,

Dharma supremo,
spazio immutabile, senza definizione,
spontaneamente autoliberantesi

- stato perfettamente aperto -
esistente dal principio,
autocreatosi, senza essere in un luogo,
senza niente di negativo, da rifiutare,
e senza niente di positivo, da accettare,
espansione infinita, che penetra dappertutto,
immensa, senza limiti né legami,
senza che ci sia neanche qualcosa da dissolvere
o da cui liberarsi,

presente al di là di spazio e tempo,
esistente dal principio,
immenso Yìn, spazio interno,
raggiante chiarezza, come il sole e la luna,
autoperfezionato,

indistruttibile come il vajra,
stabile come la montagna,
puro come il loto,
forte come il leone,
incomparabile godimento
al di là di tutti i limiti,
illuminazione,
equanimità,
vetta del Dharma,
luce dell'universo,
stato perfetto dall'origine.
(tratto da: Il Cristallo e la Via della Luce, Namkhai Norbu, Ubaldini Editore)